A una donna non l’avrei fatto a te si perché?
A te avrei strappato i collant mentre eri in piedi, tirato su il tubino fino a poco sopra le anche, ti avrei preso da dietro per la cintura – la cintura di Zia Mia, hai detto, chincaglieria d’oro che neanche i cinesi. Per la cintura per i capelli no per le extensions non avrebbe funzionato non avrebbero retto perché volevo tirare tirare forte ti avrei fatto male? Tirarti tirarti a me tirarti via dal pozzo nero dove ti sei sdraiato da mesi e dove no io no io non voglio entrarci io rifiuto ma prova tu a scoparlo un pozzo nero prova tu a trovarci la vita il sangue il sangue rosso.
Così, per uscire da te, ti sei fatto puttana per una sera. Di carnevale si intende. E mi hai chiesto di vestirmi di travestirmi io che vivo di nudità il mio dentro tutto fuori tutto negli occhi sempre tutto fuori esposto tu che i miei occhi non ti sei mai fermato a guardarli ad amarli prima di averti lasciato ti ho chiesto cosa vedi nei miei occhi hai risposto: due buchi neri allora li sai guardare guarda cosa ne hai fatto ti ricordi com’erano accanto alla chiesa no alla galleria d’arte no alla serranda guarda guardami ora.
Mi sono travestito: sì, pur di trasformare quel pozzo in una boiler room, pur di fuggire da quel noi deprimente che siamo diventati e trovarci ritrovarci nuovi, sconosciuti, diversi. Piacere di conoscerti, Cessica, e nella tua voce una sciantoseria un dolore dimenticato una stupidità ricca una vita una libertà una voglia. Piacere di conoscerti mio, per stasera sono Peppe il tuo Pappone.
Ora siamo in macchina, la notte che è piatta come un ferro da stiro schiaccia le due torri dell’ospedale al suolo. Strade curve e strette, tu che ami tuo padre più di quanto ami amerai mai me, nessuno in giro, un pappone una puttana che sembra che si vogliano bene? Perché non ti tratto come una puttana? Perché nella mia voce nel role play che spingiamo oltre la noia vince la voglia di farti felice? Ti prometto un futuro di clienti d’alto bordo cocktail esotici nel principato di Monaco continuo a ripeterti che sei una brava ragazza tanto una brava ragazza. Vergognandomi esitando come ho sempre esitato provo a toccarti le tette che ti sei costruito a regola d’arte appallottolando magliette di cotone “sono 100% naturali” – una volta mentre eravamo nudi non so se scopavamo hai chiamato il tuo petto tettine e io il mio cuore la mia emozione ero molle ed ero duro ed ero molle ed ero duro tu scegli di non darti di non darmi ma sempre ti prendi sempre ti prendi ti prendi tutto – e sotto la pipa di plastica sotto il cappello di plastica sotto i baffi di plastica sopra la mia barba di carne sorrido e penso alla tua intelligenza seppellita al tuo cuore inafferrabile come quelli di una puttana e tutto fa male nel corpo tutto il mondo nel corpo tutto il mondo nel male l’ospedale dopo tutto non è così lontano.
Eravamo in casa a prepararci c’è stato un momento in cui non ne potevo più di non esser guardato costumato scostumato di non scoprirti e così con un calcetto ho aperto la porta del bagno per vederti truccare allo specchio chinato chinata leggermente sul lavandino il tacco destro incrociato dietro quello sinistro che belle gambe che hai così tanta grazia così tanta porcheria la porta aperta nello specchio avresti potuto vedermi riflesso ma guardavi te stessa guardavi le tue labbra guardavo le tue labbra hai saputo truccarti con la purezza di una ragazzina non eri solo bravo brava tu eri tu in un modo in cui un uomo non può esserlo e io io io ti ho amato ho amato la ragazzina che sei le tue labbra disegnate ti sei pure colorata le gote le tue ciglia tu eri bella per me eri bellissima bellissima bellissima come quando ero io bambino guardavo mia mamma truccarsi male in bagno che brutta che brutta mia madre la guardavo ma come guardo te è per la prima volta come guardo una donna una madre qualcuno che vorrei che mi desse un figlio un figlio nostro mio tuo qualcuno che non può che nemmeno vorrebbe qualcuno che sei o non sei cosa vedono i miei occhi?
È tardi di notte ne abbiamo bevuti un paio di troppo la città è un cimitero le uniche persone travestite cioè le uniche persone nude siamo noi e io ho freddo e tu non mi baci come al solito non mi accarezzi ma fai una cosa fai ruotare il tuo stivaletto di pelle nero come se fosse un serpente attorno alla mia caviglia e a me sembra che godi travestito travestita e io che non riesco mai cazzo a capirti mai cazzo non riesco a tenere nessuna parola dentro ti dico “non ho mai trovato attraenti le drag né i porno in cui i maschi indossano lingerie ma devo dirti – e mentre lo dicevo la tua pancia grassa aveva seppellito la cintura d’oro di zia Mia e il tuo vestito era salito fino a far spuntare il sacchetto dei tuoi boxer briefs quel sacchetto che per me è oro oro la vita l’oro – che questo è il mistero dell’eros, ed è la prima volta che lo provo nella vita: che non importa che corpo hai, né che cosa il tuo corpo ha da dare, io desidero il serpente che lo abita, io desidero te, quello che sei prima di essere. Se tu facessi una transizione, non cambierebbe il modo in cui ti voglio in cui ti amo”.
Tu non dici niente mai niente come al solito niente sorseggi da una cannuccia il tuo solito prosecco con Campari una fetta d’arancia non di limone un cubetto di ghiaccio continui a lasciarti guardare, e perché continuo a guardarti? Perché non sei tu a guardarmi ad essere perdutamente innamorato perché non sei tu ad amare se più tardi andiamo a casa voglio che tu ti spogli e ritorni te o voglio che tu rimanga Cessica, Cessica appoggiata al tavolo tondo della cucina con i tacchi e le gambe leggermente aperte, e tu me l’avresti lasciato fare persino l’avresti desiderato? Sei mai stato desiderato mi hai mai desiderato come ti desidero io io uova d’oro io bambino allo specchio io ragazzina io madre io padre io serpente? Hai mai voluto essere scopato come se fossi una puttana ho mai voluto scoparti come se tu fossi una puttana cioè come se io fossi un uomo un uomo l’uomo che non sono l’uomo che sono sono un pappone sono uomo proprio come tutti gli altri?
Perché, quando in macchina ero non-io e ti trattavo come se fossi un mio oggetto una mia fonte di reddito una donna cretina una donna inferiore da sedile passeggero, ti trattavo con il portafoglio con l’acceleratore con la pipa con la barba con l’impermeabile con l’alito secco di chi non mangia verdure, non sentivo dolore vergogna dispiacere se mai una forma antica scomoda rassicurante irrinunciabile di sollievo?





